I consulenti devono dar prova di grande apertura mentale e rispettare i pensieri e le decisioni di chi chiama. E’ importante sostenere la persona nella sua crisi esistenziale. Durante il colloquio sono da evitare i consigli e i discorsi etici, quello che conta è restare tranquilli ed entrare in empatia.
I propositi suicidali, quando sono solo accennati o non espressi in modo chiaro, devono subito essere verificati. Si cercherà di dare sostegno a quel lato della persona che vorrebbe continuare a vivere. In ogni caso bisogna provare a far intravvedere alla persona che chiama che è possibile continuare a vivere, aiutandola ad allargare la percezione della realtà, che in questo momento è limitata. E’inoltre importante che queste persone, dopo un colloquio che ha arrecato sollievo, non si sentano di nuovo sole. Possiamo domandare loro cosa faranno nelle prossime ore e, a seconda del caso, invitarle a richiamarci.
La situazione è diversa nel caso di malati gravissimi. Non possiamo mettere in dubbio il loro desiderio di morire. Essi hanno una lunga storia di sofferenza dietro di sè, e meritano rispetto per la loro decisione. Forse hanno bisogno di aiuto per sistemare le ultime cose. Forse cercano un’ultima giustificazione per poter morire. Purtroppo nessuno può prendersi questa responsabilità, però possiamo stare accanto alla persona che ci chiama aiutandola a parlare delle proprie paure e cercando di rimettere ordine nei suoi pensieri.
Quando terze persone ci chiamano preoccupate per qualcuno che manifesta intenzioni suicide, dobbiamo dire loro che non devono e non possono assumersene la completa responsabilità. Nel colloquio va affrontato il senso di impotenza che loro provano e va spiegato loro che non hanno il potere di impedire un suicidio. In ogni caso è importante tranquillizzare i parenti o conoscenti di potenziali suicidi dando loro alcune indicazioni su come reagire.